Leggi qui l’intro dell’episodio 04 dalla Signora Ceppo.
Maddy somiglia davvero molto a sua cugina Laura. Questo è un fatto. Se ne accorge anche lo sceriffo Truman, che resta quasi sconvolto quando, seduto nel salotto dei Palmer, si vede offrire una tazza di caffè da quella che gli sembra essere la vittima del mistero su cui sta indagando. Come dice uno sconvolto Leland Palmer, che inizia a manifestare primi segni di cedimento, Sara «ha avuto ben due visioni». Due visioni. Cioè quando vedi la stessa cosa due volte, ma sono due cose diverse in realtà. Due persone diverse. Questo quarto episodio della prima stagione è quello buono per parlare di tutta la faccenda dei doppelganger. Da Wikipedia:
In leggende e romanzi, un Doppelgänger è un duplicato spettrale o reale di una persona vivente. Secondo la leggenda è uno spirito generato dalla paura e tale spirito ”non può cessare”
Maddy non è il doppelganger di Laura, che invece ci appare in tutto il suo splendore demoniaco nella stanza rossa. Però ricorda sua cugina a tutti, incluso Leland/Bob, che infatti a un certo punto non resisterà più e dovrà “farla sua nuovamente” . Ma un sosia è anche altro. E’ la possibilità di mistificare la realtà. E’ un indizio a proposito del fatto che ogni elemento vivente trova copia di sè “al di là dello specchio”. Ma sarò onesta: poiché la mia missione è di vagliare ogni possibilità e ogni singolo elemento del codice di Gordon, non posso ignorare completamente l’esistenza di alcune voci, pettegolezzi, leggende metropolitane che vorrebbero i sosia come ottimo strumento per ricoprire ruoli rimasti scoperti nello showbiz. Vi farò qualche esempio e poi tirerò dritto, evitando di ridere sotto i baffi: il caso del povero Paul, famoso cantautore inglese, sostituito da Faul, con buona pace dei suoi fans e mai pace del suo caro amico d’infanzia John, oppure il caso del malcapitatao James Douglas, che veniva alternato a piacere con sosia egualmente affascinanti ma non dotati del talento creativo a cui sono destinati alcune vittime dei programmi di controllo mentale. Sto farneticando, scusatemi. Tirerò dritto e continuerò nella visione dell’episodio 4 insieme a voi. Però se questa storia dei sosia dovesse accendere la vostra curiosità, cercate sul web tra i tanti siti di disinformazione e teorie del complotto. Vorrei che questo non fosse uno di quelli, ma mi rendo conto che può sembrarlo. Tant’è. In fondo siamo tutti affascinati dalle storie inventate, quelle che finiscono per diventare importanti nella nostra vita, come se i fatti che narrano riguardassero davvero noi. Lo chiamano cinema, o tv.
Il cinema è tutta finzione, e forse ci piace proprio perchè ci fa pensare alla vita. E’ tutto registrato. No hai banda. Come in un gioco di prestigio: a volte vedi due cose simili insieme, poi una scompare e latra resta, poi scompare l’altra, ma chi può dire quale si sta guardando veramente in ogni singolo istante?
Ma lasciamo Terence McKenna/Jacoby ai suoi giochi di prestigio e seguiamo Dale e lo sceriffo: Hawk ha trovato l’uomo con un braccio solo. Uscendo di scena notiamo: il telefono, due soldatini, un quadro raffigurante due uomini che provvedono all’esecuzione di un povero albero, la bandierina americana portata con orgoglio, e il dio del caos e del male Apophis dell’antica religione egizia. Nulla di nuovo insomma.
Non è nuovo neanche il fatto che i potenti confabulino tra di loro. Il piano è semplice: Ben e Catherine vogliono dar fuoco alla segheria. Il primo ne ha bisogno per espandere i propri possedimenti, la seconda cerca rivalsa nei confronti di Josie, che ha coercito suo fratello causandone la morte. Non c’è posto che sia al riparo dall’infiltrazione del male, e in Twin Peaks il male sembra dimorare tranquillo. Facciamo un breve riassunto di parte del male di Twin Peaks.
Prima però andiamo a fare il bagno al piccolo Elvis. Non è simpatica la citazione del re del rock in una storia che parla di doppi, gemelli, sosia e doppelganger? Ah già, magari non sapevate che Elvis aveva un fratello gemello identico, deceduto tristemente alla nascita. Non si sa dove sia sepolto. Neanche Elvis l’ha mai saputo. Dicevamo… ah, già, il male a Twin Peaks.
Chi è artefice di intrighi sospetta di essere vittima anch’essa, come Catherine che, abituata all’idea del doppio gioco, non puo’ escludere che anche altri confabulino alle sue spalle. L’innocenza di due ragazze è messa in pericolo e vacilla di fronte al fascino che esercita il male, o almeno la comprensione del male, come il povero Jack Torrence aiutato da Mr Grady in Shining. Il male alberga in Twin Peaks e in chi conosce segreti nascosti, tradendo la conoscenza con simboli che ricordano il numero di Saturno. Senza contare che Twin peaks non è immune da quel peccato originale tutto americano della distruzione spensierata di un’etnia in favore di ricchezza, petrolio e terre sconfinate.
Ma andiamo a portare aiuto alla “Bestia Incarnata”, o almeno speriamo di trovare una bestia che aiuti noi. Gordon, Gordon, Gordon: quante volte ancora vorrai suggerirci la soluzione prima dell’omicidio di Maddy, in cui tutto sarà più chiaro?
Fino a quel momento non possiamo far finta di non conoscere la verità noi che ancora non riusciamo a toglierci dalla testa l’immagine di Bob riflessa nello specchio davanti a Leland o a Dale. Dovremmo fare un po’ come Gordon o come Mark Frost che pur già sapendo dove vogliono andare a parare sentono la necessità depistare lo spettatore. La prima pista si chiama Leo Johnson. E allora facciamo finta di crederci. Ma siccome siamo qui per decifrare un codice e non per credere alle storielle diamo un’occhiata ai bellissimi occhi di Maddy. Inciampando nei suoi occhiali prima.
Ma cosa diavolo sta guardando la cugina della piccola Laura Palmer? Insomma, che strana scena si riflette nelle sue lenti? Sembra un bosco. Ma forse sono solo condizionata da tutti quegli alberi, così presenti, così vivi, che sembrano quasi significare che l’anima dei morti a Twin Peaks dimora in loro.
«Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, per affrontare solo i fatti essenziali della vita, e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa aveva da insegnarmi, e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto.»
Citare Thoreau e il suo Walden, oggi considerato il manifesto degli ecologisti, non ci aiuterà a capire quale oscura forza dimora nei boschi di Twin Peaks, una cosa è certa però: ovunque i simboli demoniaci (una grande varietà di corna ) sembrano indicare una strada senza uscita, sebbene il Salvatore incarnato ( simbologia dell’Ichthus, il pesce) vegli sugli uomini di buona o cattiva volontà.
Ed ecco, nella singola immagine di Benjamin Horne qui proposta, la metafora dell’umanità. Perchè se è vero, come dice Margareth in una delle sue splendide intro, che la storia di Laura è la storia di tutti, allora non è difficile credere in questa lettura del codice: il potere economico (Ben Horne) cavalca un’illusione (la bicicletta che resta ferma nonostante si pedali), protetto dal fuoco dell’inferno e sorvegliato dal male cornuto ( il lampadario con le corna di cervo), al cospetto del Dio cristiano (il sailfish del pacifico che oltretutto non è nemmeno autoctono di Twin Peaks, come a indicare la sua provenienza “aliena”). Ho esagerato, eh? Andiamo avanti. Ma prima vorrei chiedere a Josie che ne pensa lei del pesce. Non io, glielo chiede Pete, e lei risponde che non è pratica. Ma andare a pesca è facile e quello che conta è sapersi buttare. Sarebbe anche da crederle se non fosse per il numero spropositato di corna presenti in casa. A proposito di cose presenti in casa e appese alle pareti, avevo dimenticato di farvi notare una cosa nella prima scena di questo episodio. Eccola.
Non vi è chiara, lo so. Non lo era neanche a me, l’unica cosa di cui continuavo a essere certa era nell’importanza di quel quadro. Come “quale quadro?” Questo quadro.
Conservato al Museo De L’Orangerie di Parigi, questo dipinto olio su tela del 1909, intitolato Il Clown porta la firma di Pierre-Auguste Renoir, che volle ritrarre suo figlio Claude mascherato da clown. La famiglia Renoir è stata una famiglia di artisti, tra pittori, decoratori, sarti, registi. Una famiglia in cui evidentemente il talento è parte del bagaglio genetico e culturale, ma forse non solo. Qualcosa non quadra, nel quadro. Continuavo a essere catturata da quell’immagine nel salotto dei Palmer senza tuttavia riuscire a distinguerne i dettagli. Poi mi sono ricordata delle scene subito dopo l’omicidio di Maddy in cui improvvisamente Il Clown è a fuoco nell’inquadratura. Ma perchè un clown? Perchè It? Perchè Ronald McDonald? Perchè l’associazione nella fantasia dei bambini a qualcosa di spaventoso e allo stesso tempo nascosto? Un clown è una maschera, è qualcuno che finge di sorridere. Poi, riguardando anocra una volta questo episodio ho visto un altro clown. Eccolo.
In casa di Jacques. Sarà difficile tenere il conto delle corna e dei cervi che vedremo ancora da qui all’ultimo episodio nel percorso di indizi che Gordon/Lynch ha disseminato per noi, ma voglio provare a farvi notare tutti i clown, quando ce ne saranno. Non chiedetemi perchè, non lo so nemmeno io. C’è solo una cosa che lego a questo ennesimo elemento di codice, anzi due. Prima cosa il volto della povera Anna Nicole Smith, dipinto a mo’ di clown, dalla sua stessa figlia, nell’impietoso servizio giornalistico che ne mostrava la follia, da alcuni ricondotta a pratiche di controllo mentale e abusi subiti nell’infanzia.
Seconda cosa uno, o più d’uno, dei disegni segreti di Michael Jackson, venduti all’asta in Florida. Non ne avete mai sentito parlare? Io vi dico la verità: tutta questa faccenda di Michael Jackson ha del dissonante. Ci sono fin troppi indizi nella sua musica, nelle immagini che ha scelto per promuoverla, persino in Neverland, a proposito del suo passato da “bambino Monarch”. Talmente tanti che sembra persino inutile parlare di “mistero” o di “segreto”. Se c’è una cosa che Dale e Gordon mi hanno insegnato è che quello che ci vogliono far notare a tutti i costi, forse non è così importante, anzi, probabilmente è una distrazione. Ma non vi ho riuniti qui per uno sproloquio a proposito delle mie credenze, che sono comunque quelle di una mente analitica e scettica, piuttosto per vagliare tutte le possibilità di decrittazione del codice Twin Peaks, con l’unica missione di scoprire quali vicende abbiano trattenuto il mio superiore diretto, Dale Cooper, in quell’adorabile cittadina dove il bene è un travestimento del male. Esattamente come fosse un sorriso dipinto sulle labbra di un clown assassino. Per chiudere quindi vi lascio un paio di disegni del piccolo Michael Jackson, bambino cresciuto troppo in fretta, o forse non cresciuto mai. I truly love you, anyway.